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Mag 22, 2016 | Racconti | 0 commenti

Mani legate

Le sue mani hanno una storia.

La sua storia.

Sono segnate,lisce, ruvide, morbide, secche, bagnate, tese, chiuse, rilassate, bruciate.

Sono pugni e carezze.

Sono ferme, e tremano.

Contengono segreti, segreti della sua anima.

Sono la faccia di ciò che non si vede.

Un volto senza occhi, senza bocca e senza orecchie.

Ma vedono, parlano ed ascoltano.

Toccano.

E mentre toccano sentono.

Sentono anche strette in un pugno.

Quel giorno le si bloccò la mano destra.

Ogni volta che provava ad usarla, la mano non rispondeva.

Non disse nulla.

Trattenne il fiato.

Chiuse gli occhi, respirò e riprovò.

Niente.

Oggi la mano destra aveva deciso di non esserci.

Non era la prima volta che le capitava.

Ogni volta che doveva iniziare a scrivere un nuovo romanzo, accadeva.

Eppure aveva tutto nella mente, sapeva cosa voleva raccontare.

Ma la sua mano non era pronta.

Stronza.

Non ubbidiva.

Lui entrò in casa, ignaro di tutto, le accarezzò dolcemente le spalle, il collo e scese fin sulle mani.

Entrambe.

Le sfiorò, ma il suo tocco entrò fin nelle vene, facendole pulsare.

Lui non sapeva che lei odiava farsi toccare le mani.

Non gliel’aveva mai detto.

Nessuno sapeva.

Lei, sempre di spalle, chiuse gli occhi per cercare di non perdere il controllo.

Sapeva che dopo avrebbe potuto scrivere.

Respirò.

Chiuse gli occhi nuovamente e rivide la corda che stringeva.

Stringeva così forte da cambiare colore alla sue mani.

Le vene pulsavano forte.

Quelle torture erano impresse nella sua mente.

La sua anima non poteva più esprimersi.

Padrone lui.

Rabbiosa lei.

Rabbiosa dentro.

Impassibile fuori.

Alla fine riusciva sempre a liberare la mano sinistra, la destra mai.

Ma era la destra a servirle.

Ironia della sorte.

Quando rientravano in casa alla sera la liberavano.

Lei a mani libere, si paralizzava, perché era la sua anima a restare legata.

E il foglio restava bianco.

Per giorni.

Erano trascorsi tanti anni, ma ogni volta che lei chiudeva gli occhi, dopo il suo tocco leggero, tornava lì.

In quella stanza umida che puzzava di asciugamano bagnato.

Sola con i suoi sentimenti mai risolti, con le sue rabbie che riscaldavano il corpo fino a farlo bollire.

Con tante domande nella testa.

Perché proprio a lei?

Loro volevano lei, senza scrittura.

Lei senza mani.

Lei senza la mano destra, che le serviva per scrivere.

Nessun occhio era in grado di vedere il segno delle corde intorno alle sue mani, ma il suo cuore si.

Era lì rosso, viola, blu.

Non aveva permesso a nessun altro di toccarle le mani.

Mai più.

Con lui aveva ceduto la prima volta perchè colta di sorpresa alle spalle, non potette reagire come avrebbe voluto.

Lui la sfiorò lentamente come a voler cancellare le ferite a lui sconosciute.

Intuì, però, che c’era qualcosa di strano dal modo in cui lei contrasse tutto il corpo fino a chiudere le mani in due pugni.

Non fece domande, perché preferì aspettare.

Le domande mai fatte, però, restano sempre sospese e viaggiano nell’aria, fino a che vengono tirate giù violentemente da una situazione, da una persona, da un episodio.

Quel pomeriggio, dopo tanti anni, si sentì subito che nell’aria c’era qualcosa che girava sospeso.

Lei ad occhi chiusi era nella sua casa umida e puzzolente, lui ad occhi aperti era dietro di lei con le sue mani sulle sue.

I loro corpi vicini.

Le loro anime lontanissime.

Le loro mani vicine, ma si respingevano come due calamite di poli opposti.

Nessuno parlava.

Lei voleva urlare.

Lui voleva che lo facesse.

“Parla ” si ripeteva lui nella mente.

“Perché ogni volta che ti tocco la mano destra ti irrigidisci in questa maniera? Cosa mi nascondi del tuo passato?” continuò lui nel suo silenzio.

Lei non parlava perché, ad occhi chiusi, non era lì con lui.

Era lontana.

Anima imbrigliata.

Cuore spezzato.

Mani legate.

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